martedì 2 agosto 2011

Cosa succede veramente in Siria?





Premessa

Da qualche mese i Tg e i giornali riportano, a piè sospinto, molte e diverse notizie sugli avvenimenti in Siria, sulla rivolta contro il potere centrale e sulle reazioni violente dello stato siriano nei confronti dei manifestanti. La situazione è molto più complessa di quello che possa apparire e le spiegazioni sull'origine, lo sviluppo e le conseguenze della rivolta sono molteplici e non sempre chiarissime. In un recente contributosull'Independent, Robert Fisk, il massimo esperto mondiale di Medio-Oriente, scriveva che "nessuna delle rivoluzione di questa primavera nel mondo arabo è nata solo da un episodio". Fisk citava poi le "gocce che hanno fatto traboccare il vaso" in Tunisia (un uomo che per protesta si dà fuoco) e in Siria (dei ragazzini inneggiano alla libertà del paese con dei graffiti sul muro di una scuola a Der'a).




Storia



La Siria, unico paese ad avere ancora al potere il partito Baath, è governato dalla famiglia Assad dal 1970 quando Hafez Al-Assad, un generale originario della zona alawita di Lattakia, nel Nord-Ovest del paese, riuscì ad imporre un colpo si stato da lui organizzato e a prendere il potere in una nazione che era allo sbando politico ed economico (il fallito tentativo della Repubblica Araba Unita con l'Egitto, le pesanti ingerenze francesi e le conseguenze della guerra dei Sei Giorni con Israele). Durante il regime di Hafez non mancarono proteste e feroci ritorsioni contro le opposizioni. AdHama l'aviazione siriana fu responsabile nel 1982 di un bombardamento della città, roccaforte di un gruppo di rivoltosi (la Fratellanza Musulmana), che costò la vita a circa 20.000 persone. Rifat Al-Assad, fratello del presidente e generale, fu esiliato a causa delle sue sospette attività anti-regime che minavano alla sicurezza dell'apparato politico-istituzionale messo in piedi da Hafez al-Assad. Alla morte di Hafez, nel 2000, gli è succeduto (forse a malincuore, il "prescelto" era il figlio maggiore Basil, morto in un incidente stradale) il suo secondo figlio, Bashar.
Bashar aveva studiato e vissuto per anni a Londra (è oftalmologo) e sembrava una soluzione per così dire forzata, data anche l'inesperienza non solo della Siria, ma anche del ruolo politico che aveva. In undici anni di "regime" Bashar però si è mostrato benevolo e furbo in più di una situazione. Ha modernizzato la Siria, rafforzato il controllo sul territorio e non ha prestato la guancia alle intimidazioni ad intermittenza di Israele e Stati Uniti. Il lato oscuro della medaglia è che le opposizioni, i blogger e i pochissimi giornalisti "liberi" sono stati fatti tacere e rinchiusi nella prigione politica di Tadmor (nei pressi della città romana di Palmira), già sotto osservazione da parte del tribunale dei diritti civili dell'uomo.




Considerazioni


L'apparato appena descritto funzionava perfettamente fino ad un paio di mesi fa. Cosa è cambiato? Apparentemente niente, nel senso che non c'è stato un colpo di stato o un'ingerenza esterna, ma la volontà dei cittadini di avere maggiori libertà e giustizie si è ingrossata, e le proteste, prima contro la legge speciale del 1963 (divieto di manifestazioni di dissenso), poi in generale contro il regime, si sono espanse a macchia d'olio in tutto il paese. La repressione dura del regime conferma però due teorie. La prima è che a differenza di Tunisia ed Egitto dove l'apparato militare e "segreto" si è schierato da subito con i manifestanti, in Siria il mukhabarat e l'esercito sono pienamente controllati da Assad e dallo stato siriano. La seconda è che le "contro-manifestazioni", cioè le piazze affollate al grido di "Bashar, Bashar" hanno da subito fatto da contrasto ai movimenti progressisti, segno anche questo che lo zoccolo duro del baathismo siriano è bel lontano dall'essere sconfitto.
La Siria è oggi il solo paese del Medio-Oriente dove vige un regime per così dire "anacronistico", e ancor di più, la Siria è la testa di ponte dell'Irannella regione, cosa che spaventa non poco sia Israele e Stati Uniti, quanto i vicini Giordani, da sempre in una posizione scomoda, schiacciata tra ideologie e tradizione e dollari esterni.
Non credo, tuttavia, che in Siria si possa verificare quello che è successo in Tunisia ed Egitto (lascio la Libia volutamente fuori; l'immediato intervento "occidentale" ha ben chiarito le reali intenzioni del "mondo buono" in Nord Africa). La Siria è troppo importante per "cadere" e soprattutto ha troppe connessioni che innescherebbero una pericolosissima reazione a catena nella regione in caso di caduta del regime. Il controllo pro forma e non in Libano, la situazione del Golan, le ingerenze sciite e iraniane (l'Iran considera da anni Tartous e Lattakia il suo sbocco sul Mediterraneo), ma anche i nuovi pozzi di petrolio nell'est del Paese con alleanze sino-russe, ed infrastrutture per la trivellazione appena costruite proprio da Cina eRussia e, ultima, ma non meno importante, un'apertura socio-culturale all'occidente, che se non farà diventare la Siria uno stato giocattolo del golfo (leggi: Emirati e Qatar) farà almeno rientrare un pò di quelle sanzioni che oggi sembrano purtroppo in aumento.
La Siria, insomma, è troppo importante per cadere, troppo legata a diverse situazioni che crollerebbero di conseguenza, lasciando il Medio Oriente in una situazioni di caos ancora maggiore di quella attuale. Damascovorrebbe ripristinare il precedente status quo, mentre la popolazione spinge per le riforme sempre promesse e mai ottenute. La situazione ha solo due vie d'uscita: la fine delle manifestazioni o la repressione violenta delle stesse, nel qual caso un intervento esterno (anche solo sotto forma di sanzioni, come sta avvenendo) sarebbe a mio parere solo l'anticamera di una situazione che metterebbe a serio rischio la geopolitica della regione, facendo uscire allo scoperto fantasmi da guerra fredda e affari poco chiari.

Nessun commento:

Posta un commento

Cerca nel blog