giovedì 18 agosto 2011

Borse, torna il panico da recessione Milano a picco, l'Europa brucia 300 miliardi


I timori per l'economia dopo il report di Morgan Stanley affondano i mercati a partire dai titoli della finanza e dell'auto. La Fed, i dati Usa e il calo pesante di Wall Street peggiorano le cose: Piazza Affari crolla e cede oltre il 6,1%, Francoforte e Parigi più del 5%

Piazza Affari brucia oltre 20 mld, affondano bancari e FiatMILANO - Dopo cinque giorni di tregua, torna la paura per una nuova recessione globale e le Borse di tutto il mondo registrano un'altra giornata drammatica. Un crollo generalizzato, iniziato con l'Asia nella notte, amplificato dalle vendite in mattinata in Europa per poi avere il suo epicentro negli Stati Uniti. Wall Street ha aperto in profondo rosso, trascinando il vecchio Continente in una delle sedute peggiori dell'anno: soltanto contando la società a maggiore capitalizzazione, il Vecchio Continente ha bruciato 300 miliardi di euro, annullando quasi tutti i rialzi dell'ultima settimana.
Milano è tornata a essere la maglia nera dei listini europei: Piazza Affari ha perso il 6,15%, Francoforte ha ceduto il 5,82%, Parigi il 5,48% e Londra il 4,49%; l'indice Ftseurofirst 300 ha lasciato sul terreno il 4,9%. Particolarmente venduti i titoli del comparto automobilistico, con l'indice di settore in calo del 7,7%. Male anche le banche: lo Stoxx Europe 600 banking ha registrato un crollo del 6,6%.
A Piazza Affari, non a caso, i titoli peggiori sono stati quelli della galassia Agnelli con Fiat Auto in calo dell'11,8%. Male anche le banche con Intesa (-9,2%) e Unicredit (-7,6%) su tutti.
A innescare una giornata tutta in negativo ci ha pensato, in mattinata, un report della banca d'affari americana Morgan Stanley che ha tagliato le previsioni sulla ripresa globale per il biennio 2011 e 2012. Gli analisti di Morgan Stanley hanno ridotto la stima sulla crescita del pil globale dal 4,2 al 3,9% per il 2011 e dal 4,5 al 3,8% per il 2012. Sulla riduzione delle stime pesano i dati divulgati la settimana scorsa da Francia e, soprattutto, Germania. Una doccia fredda per gli operatori, dopo quella della proposta Merkel-Sarkozy per l'introduzione della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, un'ipotesi (per altro non dettagliata e in ogni caso rinviata subito a ottobre) che ha avuto come unico come effetto - a detta degli addetti ai lavori - quello di destabilizzare il mercato che si era appena assestato.
A nulla è valso l'intervento dei vertici dell'Eurozona. Il presidente del Consiglio europeo, Hernan van Rompuy, ha sostenuto di non "prevedere una recessione nella zona euro nonostante il rallentamento della crescita". Ma i dati sul pil del secondo trimestre lo contraddicono, con le economie di Francia e Germania praticamente ferme. Lo spettro della recessione è alimentato inoltre dal fatto che i conti pubblici in Europa e negli Stati Uniti non godono buona salute e continuano a non venir prese misure concrete di stimolo per l'economia.
Sul quadro già fosco si sono abbattuti sui mercati dati macroeconomici dagli Usa tutti negativi. Prima l'aumento delle richieste di sussidi di disoccupazione, poi l'aumento dei prezzi al consumo, che fa temere per effetti deflazionistici in atto, e infine il crollo del super indice economico della Fed di Philadelphia. Wall Street, partita già in ribasso, ha accelerato fino a perdere oltre il 4%, ignorando il giudizio positivo dell'agenzia di rating Fitch secondo cui Stati Uniti possono tollerare un rapporto debito/pil superiore ad altri paesi con tripla
In questo contesto non ha aiutato i titoli delle banche europee il fatto che la Fed sia preoccupata per gli sviluppi della crisi del debito in Europa, temendo che questa possa avere pesanti ripercussioni sulla capacità di finanziamento delle banche del Vecchio Continente. In particolare, la Banca centrale statunitense starebbe esercitando pressioni perché sia rafforzata la struttura patrimoniale delle filiali americane di questi gruppi.
Gli operatori hanno reagito cercando rifugio negli investimenti alternativi. Così l'oro ha battuto un nuovo record storico al mercato di New York. Il metallo prezioso con consegna a dicembre è volato così a 1.829,40 dollari l'oncia.
L'ennesima debacle dei listini ha quindi provocato un immediato riposizionamento verso i titoli di stato tedeschi, il cui spread verso Italia e Spagna è tornato ad allargarsi lambendo di nuovo i 300 punti. Ma anche i rendimenti per i titoli del Tesoro Usa a 10 anni sono scesi per la prima volta nella storia sotto il 2%, livello mai raggiunto nemmeno durante la Grande Depressione degli anni '30, fino a un minimo di 1,978% per poi risalire al 2,002%. E meno male che solo fino a due settimana fa, c'era chi sosteneva anche il governo federale era sull'orlo del default tecnico.

La Svizzera, infine, nel disperato tentativo di bloccare gli ingenti flussi verso il franco e i titoli di Stato, ha spinto in negativo i rendimenti dei titoli a due anni e quasi a zero quelli sui depositi a breve. Anche il successo in campo economico, di questi tempi, può essere causa di guai

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