lunedì 1 agosto 2011

La possibilità di immunizzarci a vita contro l’influenza con una singola iniezione si fa più vicina.

Ogni anno si avrebbero decine di migliaia di morti in meno e si risparmierebbero miliardi di euro in ricoveri e vaccinazioni.
Sono queste alcune delle prospettive che si spalancano grazie gli studi di un gruppo di ricerca svizzero coordinato dall’immunologo Antonio Lanzavecchia, dell’Istituto di Ricerche Biomediche di Bellinzona che hanno lavorato in collaborazione con il Medical Research Council britannico. Lo studio è stato pubblicato su Science.

Il team di scienziati è riuscito a individuare un super-anticorpo capace di riconoscere tutti i virus influenzali di tipo A, come quello della suina, fino o quelli più aggressivi come, per esempio, quello dell’aviaria. Lo studio è stato pubblicato su Science. Si tratta dall’anticorpo F16 che potrà aiutare a realizzare farmaci in grado di mantener lontana l’influenza e soprattutto, in futuro, si potrà adottare per poter finalmente dar vita al vaccino universale.

Più precisamente, gli scienziati svizzeri hanno individuato un anticorpo che colpisce l'emoagglutinina (Ha), una proteina presente in entrambi i gruppi dei virus influenzali (I e II). La molecola potrebbe avere importanti risvolti nelle terapie di immunizzazione passiva. L'anticorpo contro tutti i virus influenzali - il primo mai ritrovato finora - riconosce il suo bersaglio (epitopo) in una regione molto insolita di Ha. Studiando la particolare forma a fungo della proteina, gli scienziati hanno scoperto che il suo 'punto debole' si trova una regione situata sul gambo piuttosto che sul 'cappello'. I primi super-anticorpi potrebbero essere pronti tra pochi anni, ma lo stesso non varrà per il conclamato vaccino universale.

La speranza degli scienziati è di riprodurre l' anticorpo e trasformarlo in una terapia specifica che oggi non esiste. E poi di ottenere un vaccino universale, inseguito da anni, in grado di costituire uno scudo contro tutti i virus di tipo A, quelli più insidiosi per l' uomo, regolarmente circolanti in inverno con ceppi sempre diversi.

«Durante la pandemia H1N1 del 2009 - ha spiegato Lanzavecchia - abbiamo trovato alcune persone con anticorpi a più sottotipi virali". Gli anticorpi, che vengono prodotte dai globuli bianchi, chiamate cellule B, si legano a siti specifici, inattivando i virus o indebolendoli nella distruzione di altre cellule immunitarie».

Per testare la cross-reattività degli anticorpi, il team guidato da Lanzavecchia ha sottoposto a screening le cellule B provenienti da otto donatori umani che erano stati infettati con, o immunizzati contro, diversi ceppi di influenza A. Dopo aver esaminato 104.000 cellule B, i ricercatori si sono imbattuti nella scoperta.

«Il nostro anticorpo FI6 si è rivelato il primo mai scoperto che reagisce a tutti i 16 sottotipi dell'influenza A", ha affermato l'immunologo svizzero. E' bene tener presente che l'anticorpo non e' un vaccino, ma potrebbe essere un manuale di istruzioni per farne uno».

Il processo per validare l'utilizzo dell'anticorpo come farmaco richiederà almeno cinque anni di ulteriori test. I risultati ottenuti dal gruppo di ricerca svizzero verranno sviluppati grazie alla nascita di Humabs, uno spin-off aziendale incubato all'interno dell'Irb
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