mercoledì 7 settembre 2011

L'Italia sull'orlo della bancarotta


borsa
Domani a Francoforte il consiglio della Bce, la Banca centrale europea, deciderà se intervenire ancora una volta d'urgenza acquistando titoli di Stato italiano per salvare l'Italia dal tracollo finanziario, o se invece lasciare il nostro Paese al suo destino, la bancarotta. Lo spread tra i Btp, i buoni poliennali del Tesoro, e i Bund tedeschi, ha superato anche ieri il differenziale di 365 punti: nessuno si fida più dei titoli di Stato italiano e della capacità di essere rimborsati.

La Borsa di Milano è sprofondata ulteriormente nella giornata di ieri (-1,98%), con un susseguirsi a vendere titoli e azioni in un'atmosfera da fuggi fuggi generale. Il debito pubblico italiano ormai ha sforato i 1.900 miliardi di euro, e la corsa sembra inarrestabile. I mercati internazionali, i governi europei, l'opinione pubblica e i risparmiatori stanno seguendo con apprensione quanto sta accadendo a Roma, tenendo il fiato sospeso.

Il crollo dell'Italia rischia di trascinare a fondo l'euro, e con esso tutta l'Europa. L'ora è grave, anche se gli italiani sembrano non accorgersene o esserne del tutto coscienti: il pericolo è di finire come la Grecia, come l'Argentina. E ieri, di fronte al baratro che incombe, il governo italiano ha cambiato per la quinta volta in poco più di un mese la manovra finanziaria, ha disfatto e rifatto la tela del provvedimento che deve rassicurare i mercati finanziari, ha stravolto le misure di risanamento, ha negato ciò che aveva detto il giorno prima, e rinnegato quello del giorno prima ancora, ha gettato nel panico tutti i governi europei e gli investitori internazionali. Ha dimostrato che non c'è governo, non c'è guida, non c'è percorso di cammino e destinazione da raggiungere.

Dal cilindro del nocchiero di una nave allo sbando è uscito fuori un ridicolo prelievo di solidarietà Prelievo annunciato negato poi rintrodotto e poi di nuovo tolto, ed ora infine rimesso nel testo di legge, che porterà ad una misera riscossione sopra i redditi da 500.000 euro, lo 0,01 dei contribuenti, versando nelle casse dello Stato per il 2012 un gettito di 35 milioni, un decimo di quello richiesto alla nostra Autonomia, di fatto nulla. Poi di nuovo il ritocco in serata: sarà sopra i 300.00 euro, poco cambia. Aumenterà l'Iva dell'1%, misura già introdotta, ritirata, rinserita e spergiurato poi che non sarebbe stata applicata.

Così le pensioni: le donne nel privato lasceranno il lavoro a 65 anni. Prima era stato annunciato di sì, poi di no, poi di nuovo di sì. Poi che sarebbero stati tolti al conteggio gli anni dell'università e del militare. Poi che no, restavano e le pensioni non venivano in alcun modo toccate. Non si sa se il Senato riuscirà ad approvare in tempo la manovra, nonostante il voto di fiducia, per trasmettere qualche segnale rassicurante all'Europa, ai governi e ai risparmiatori. Ormai è il Paese che ha perso del tutto credibilità e fiducia, e soprattutto governi e mercati internazionali mostrano di non credere più che esista un governo in grado di governare la situazione. La commedia italiana che va avanti da troppi anni, già scaduta in farsa, sta per tramutarsi in tragedia.

Di fronte ad un Paese che va a picco, il Presidente del Consiglio si dimena a casaccio concentrato soltanto in vicende di prostitute, lenoni, faccendieri, arraffoni, ricattatori, personaggi di malaffare. Un governo che da tre anni non governa, che ha distrutto la credibilità del Paese, che ne ha minacciato la tenuta economica e finanziaria, e che si arrabatta tra i propri spasimi, cementato soltanto dalla paura di venire inghiottito dal niente, tiene in ostaggio l'Italia. Silvio Berlusconi ha distrutto se stesso e nella sua distruzione sta distruggendo il Paese intero.

Non c'è più tempo da perdere. Se domani l'Europa, sgomenta di fronte al suicidio in corso dell'Italia, deciderà che non può più rischiare la sua tenuta per noi e ci abbandonerà a noi stessi, il Paese finirà preda della speculazione. Nessuno acquisterà più titoli di Stato italiano se non a rendimenti da capogiro, che porteranno alla bancarotta. Il rischio è che non si possano più pagare gli stipendi degli statali e le pensioni, che i titoli vengano congelati e non più rimborsati, che le imprese non abbiano più prestiti dalle banche se non a costi esorbitanti e insostenibili, che la crisi paralizzi l'economia e trascini nella recessione.

Non c'è più tempo da perdere. Occorre un governo di unità e salvezza nazionale, che ridia una guida al Paese, che tranquillizzi i mercati, che riporti speranza agli altri paesi europei, che dimostri nei fatti che non siamo la Grecia e che possiamo ancora farcela. Un governo che imponga a livello costituzionale il pareggio di bilancio, e che intacchi strutturalmente e seriamente il debito, con tagli draconiani alla spesa pubblica e, se necessario, un prelievo patrimoniale d'emergenza per garantire la tenuta dello Stato. L'Italia non può inabissarsi, ostaggio di un apprendista stregone, malato e prigioniero della propria psicolabilità e delle proprie ossessioni.

Bisogna fare presto. Il tempo è scaduto per pensare che siano gli altri ancora una volta a trarci d'impaccio. Tutti, tutti insieme, dobbiamo imprimere una svolta. Domani è l'8 settembre, data infausta per la nostra storia. Già un'altra volta ha segnato la fine della patria e lo sbando della nazione. Non possiamo permettere che questo si ripeta.

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