sabato 30 luglio 2011

Eroi nostrani "nascosti" Ermanno Salvaterra, l'impresa sfuma

VAL RENDENA. Un maltempo come raramente aveva visto nella sua carriera di alpinista. Telefonando a casa, Ermanno Salvaterra ha descritto così la rinuncia all'impresa programmata con quattro compagni sull'inviolata cresta nord del Latok I, picco di 7.145 metri che svetta nel Karakorum pakistano. Salvaterra era partito a inizio giugno con Andrea Sarchi, Cege Ravaschietto, Marco Majori e Bruno Mottini. Ieri il gruppo era atteso al rientro all'aeroporto di Milano. Come ha riferito Montagna.Tv citando a sua volta il sito dello Sport militare alpino (al seguito di Majori, in forza al Centro sportivo Esercito di Courmayeur), il team di Salvaterra era riuscito a superare le principali difficoltà su roccia e aveva organizzato un campo rifornito con scorte di cibo. A quel punto, si trattava di affrontare un canale di ghiaccio e misto, un passaggio particolarmente complicato lungo la cresta nord, un punto che ha respinto gli alpinisti italiani come aveva respinto altre spedizioni e personaggi di primo piano affacciatisi su questo itinerario. Il Latok è stato fin qui salito soltanto una volta, nel 1979, quando a conquistarlo lungo il versante meridionale è stato un gruppo giapponese. La sua cresta nord è stata obiettivo di decine di tentativi, tutti conclusi senza il successo finale. Dopo aver respinto anche Salvaterra e i suoi, sulla parete resiste il "record" segnato 33 anni fa da Jim Donini, Michael Kennedy, Jeff e George Lowe, capaci di raggiungere quota 7000 in una "battaglia" durata 26 giorni. Il team italiano ha toccato nei giorni scorsi i 5300 metri di quota e, dopo sei giornate di tentativi e due diversi approcci alla parete, è stato costretto a rientrare al campo base. Il maltempo ha bersagliato i cinque alpinisti, innescando tra l'altro una serie di slavine che hanno reso la montagna molto pericolosa. Le continue precipitazioni hanno battuto la zona, accumulando altra neve e moltiplicando i rischi di distacchi. La decisione di rinunciare, a questo punto, è stata inevitabile, ma, prima di fare i bagagli per casa, il gruppo italiano ha individuato un altro obiettivo e ha avuto la determinazione e la forza di centrarlo, salendo una via di 600 metri di sviluppo, con difficoltà fino al grado 7a. Alla nord del Latok I ci sarà tempo per ripensare in futuro. Intanto, la cresta allunga la serie delle imprese non portate a termine e intensifica il proprio sapore misterioso e leggendario. Quella organizzata da Salvaterra, Ravaschietto, Sarchi, Majori e Mottini era già stata definita "la sfida dell'anno": alla fine, ha vinto il maltempo .


CHI SONO Sono nato a Pinzolo il 21 gennaio 1955 ed ora risiedo nel Comune piu' piccolo del Trentino, Massimeno. La mia famiglia ha gestito il Rifugio XII Apostoli dal 1948 al 2007 e quindi, gia' in tenera eta', mi trovo a trascorrere l'estate in montagna a 2500 metri di quota. Sara' proprio per questo motivo che l'istinto infantile mi portera' ad arrampicarmi sulle rocce circostanti il rifugio. All'eta' di 11 anni faccio in cordata la mia prima vera scalata alle Torri d'Agola. I periodi che passo al rifugio sono sempre piu' lunghi fino a trascorrervi l'intera estate. In tutti i momenti possibili mi dedico alle mie piccole arrampicate. D'inverno vado a scuola e faccio gare di sci e d'estate lavoro al rifugio ed arrampico. A 20 anni divento Maestro di Sci e la mia passione per l'arrampicata e la montagna e' in continuo aumento e percio' comincio ad allenarmi assiduamente. Nel 1979 divento Guida Alpina. Inizia anche il periodo delle arrampicate solitarie in montagna. Nel 1980 esco per la prima volta dall'Europa verso gli Stati Uniti per conoscere altre realta' dell'arrampicata. Girovago per il Colorado e la California per tre mesi. Nel 1981 si comincia a parlare di Patagonia con gli amici e nel 1982 ci troviamo insieme fra quelle montagne. Riusciremo a raggiungere il compressore che si trova a 50 metri dalla vetta del Cerro Torre lungo la Via Maestri. L'anno successivo insieme a Maurizio Giarolli saro' in cima al Cerro Torre. Poco piu' tardi verremo raggiunti da Elio Orlandi ed insieme saliremo anche il Fitz Roy, l'Aguillaumet ed il Poincenot. L'anno dopo e' la volta dell'Himalaya. L'obiettivo e' il Makalu m 8465. Raggiungero' solamente la quota di 7000 metri. Nel 1986, tanto per provare un'esperienza nuova, per provare l'emozione della velocita' sugli sci, inizio a partecipare a qualche gara di Kilometro Lanciato. Dal 1988 con 211.640 chilometri all'ora rimango recordman italiano per 5 anni. Ma il fascino della Patagonia ha il sopravvento e nel 1985 saliamo il Cerro Torre in inverno rimanendo 11 giorni in parete. Nel corso dell'invernale al Torre faccio anche la prima esperienza come cine operatore realizzando un documentario per la trasmissione Jonathan condotta da Ambrogio Fogar. Vivo nuove esperienze in Alaska, all'Isola di Baffin ed ancora in California, ma il richiamo della Patagonia e' sempre forte, tanto da effettuare fino ad oggi 25 spedizioni in quelle terre. Compio molte salite Patagoniche, rivolte soprattutto alla piu' bella montagna del mondo: il Cerro Torre. Una via nuova sulla parete sud, una variante diretta alla via de compressore, una nuova via alla parete est e la nuova via sulla linea che Cesare Maestri disse di aver percorso nel '59 con Toni Egger. Nel corso di questi anni ho girato 15 filmati, dapprima in 16mm e poi in video, che oltre a girare il mondo partecipando a Festival, uso per tenere serate o conferenze in Italia e all'estero.

La mia passione per le Dolomiti di Brenta e per la Patagonia continua.

1 commento:

  1. Carabinieri al posto del 118. Bambino che non respira soccorso e salvato
    Spesso, ingiustamente, si accusano i carabinieri di non essere presenti in caso di necessità. In realtà la storia che raccontiamo, dimostra il contrario. L'altro giorno, in via Carmagnola a Pinerolo, la pattuglia dei carabinieri di Pinerolo sono fermi al distributore di benzina per il rifornimento di carburante al mezzo di servizio. All'improvviso, dal portoncino del condominio di fronte, esce un uomo M. V. con un bambino di due anni in braccio che urla. "Aiuto mio figlio non respira più." Dietro all'uomo la moglie, tutti e due sconvolti. "La testa del piccolino era sorretta dal braccio del papà - racconta il nostro testimone - il volto era bianco e in effetti non respirava. Ho visto i due carabinieri che gli sono subito corsi incontro e hanno portato i due genitori con il bambino dentro l’ auto di servizio e, senza pensarci due volte, hanno invertito la marcia e con i sistemi d’emergenza accesi sono andati via verso l'ospedale. In ospedale il bambino viene subito rianimato e per i genitori un grande sospiro di sollievo, e in lacrime riferiscono alla pattuglia voi siete “angeli chiamati Carabinieri” .

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